Ad intervistare Camilla Giorgi non bisognerebbe andare mai da soli. La presenza di Freud, Jung e magari anche Lacan aiuterebbe a decifrar...
Ad intervistare Camilla Giorgi non bisognerebbe andare mai da soli. La presenza di Freud, Jung e magari anche Lacan aiuterebbe a decifrare uno sguardo azzurro inondato di malinconia, certe risposte meccaniche usate come scudo, un linguaggio del corpo sempre sulla difensiva (mani in grembo, occhi bassi, pochi sorrisi), tutto il contrario dell’atteggiamento arrembante ed aggressivo in campo della numero 52 del mondo, oggi nel quarti di finale di Wimbledon contro la regina Serena Williams. Ecco cinque cose che non sapete della misteriosissima e poco loquace (”Parlare non mi piace”) Camila Giorgi.
Macerata non per caso
Mamma Claudia Fullone è argentina di padre tarantino. Papà Sergio è argentino di padre perugino. Italo-argentini, quindi. Camila («Con una elle perché è più original») è nata a Macerata perché Claudia, insegnante di arte contemporanea, nel 1991 lavorava nelle Marche. Sergio Giorgi sostiene di essere stato corteggiato sia dalla federtennis francese che da quella americana: tutti volevano la giovane promessa bionda del tennis. Giocare per l’Italia è stata la scelta più naturale, essendo Camila di passaporto italiano, ma i rapporti con la Federtennis di Roma non sono sempre stati fluidi (eufemismo).
Inizi da ginnasta
Papà Sergio racconta (intervistare Camila è intervistare Sergio...) che a Macerata, da bambina, Camila cominciò a praticare ginnastica artistica. Era molto brava e aveva maestri russi severissimi, è anche stata chiamata in nazionale ma la famiglia Giorgi avrebbe dovuto trasferirsi a Milano e rifiutò (sarebbero seguiti traslochi e peregrinazioni in tutto il mondo, in funzione del tennis). A 5 anni Camila fu portata da Sergio su un campo da tennis. Lo sport della racchetta avrebbe garantito alla bambina tagliata per tutte le discipline una carriera molto più lunga. E tennis fu.
Prove da marines
Sergio non gioca a tennis, però è il coach di Camila. «Mai presa in mano una racchetta, a darle la palla sono un disastro!» si vanta. Basta uno sparring partner, con Sergio a bordo campo a dare indicazioni. I primi allenamenti (ricordiamocelo: Camila aveva 5 anni...) furono traumatici: dentro un pallone senza riscaldamento, d’inverno, baby Giorgi cominciava con una raffica di addominali e flessioni. «Lei piangeva, mia moglie voleva ammazzarmi - ci ha raccontato Giorgi senior -. Ma per fare la professionista ci vuole forza fisica e una mentalità di ferro. Per 4-5 mesi siamo andati avanti così». Le basi della campionessa erano state gettate.
Lo sponsor
Giomila. Crasi di Giorgi Camila. Disegna mamma Claudia, su indicazione di Camila. E’ un marchio privato, che presto verrà commercializzato. Molto pizzo, abitini vezzosi, completi super femminili dai colori pastello che esaltano il perfetto corpicino da quattrocentista (è un complimento!) della giocatrice, tra le più ammirate del circuito. Sergio per anni ha rifiutato tutti gli sponsor «tradizionali» che hanno bussato alla sua porta. Nike, Adidas, ecc... Nessuno andava bene, nessuno offriva abbastanza, nessuno era sufficientemente disposto ad assoggettarsi alle sue richieste. «Gli schemi non mi piacciono, sono un anticonformista» rivendica questo argentino che dice di aver combattuto nella guerra delle Falkland.
Il lutto
Oltre a Camila, la famiglia Giorgi (che oggi vive a Calenzano, in Toscana) include due figli maschi: Amadeus, 22 anni, a sentire Sergione un calciatore fortissimo, e Leandro. C’era anche una seconda figlia femmina, Antonella, scomparsa in un’incidente nel ‘97 a Parigi (dove a famiglia viveva all’epoca in funzione del tennis di Camila). Un lutto devastante (”Uno choc che ci portiamo tutti dietro” ci ha confessato Sergio in una rarissima confidenza), rimasto inciso nella carne dei Giorgi. Che spiega, forse, anche senza Freud, Jung e Lacan, molto di ciò che Camila Giorgi è oggi. Inviato da iPad
10 luglio 2018 (modifica il 10 luglio 2018 | 11:44)
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by Gaia Piccardi, inviata a Londra via Corriere.it - Sport
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